Cosa penso del panorama musicale internazionale (ad oggi, 2023)
- flaviacaristi
- 22 gen 2023
- Tempo di lettura: 3 min
Esordisco con una premessa: io ascolto MOLTA musica.
Ogni anno supero di gran lunga i 40000 minuti di ascolto su Spotify, non considerando i vinili/cd/altre piattaforme su cui ascolto musica. Quindi ritengo che le mie considerazioni in ambito musicale siano molto affidabili.
Il mio genere preferito è il rock; ascolto molto folk-rock, hard-rock, country-rock e soprattutto blues-rock americano. Nonostante ciò, non mi impongo limiti: ascolto anche pop, k-pop, psychedelic, indie, new wave, colonne sonore, musica indiana (bollywood, per intenderci), musica araba, musica medievale e celtica, musica d'autore, musica anni '60, '70 (tutti i decenni, insomma), lirica (un po' meno), metal (molto meno)... di tutto, letteralmente. Perfino la musica delle popolazioni indigene d'America, per esempio.
Tra un cantante indipendente (o che è entrato da poco tempo in contatto con i grandi label musicali) e un cantante rinomato, tendenzialmente preferisco il cantante indipendente perché non è stato soggiogato dai ritmi e dalle esigenze dell'industria musicale mondiale. Ritengo infatti che sono pochi ormai gli artisti "potenti" nel panorama musicale mondiale a fare buona musica: molti artisti noti seguono le mode e creano tracce simili tra loro così da poter andare in radio e, addirittura, essi pubblicano album musicali mediocri che si reggono solo su 1 o massimo 2 canzoni veramente ben scritte e prodotte destinate oggigiorno ad entrare in tendenza sulle piattaforme social (tutte le restanti tracce dell'album servono a riempire la tracklist).
In breve? Il panorama musicale è totalmente cambiato in soli 10 anni (anche meno in realtà... dal 2016 a oggi, il 2023).
In che modo è cambiato? Il covid ha accelerato la crisi globale della musica: le piattaforme digitali che consentono, a seguito di un abbonamento, l'ascolto di un vasto catalogo musicale hanno impoverito gli artisti, arricchendo invece i label musicali e, soprattutto, i proprietari di tali piattaforme.
Se, infatti, come sta accadendo, le persone non acquistano più album o vinili, ma si limitano ad ascoltare la musica in streaming, danno solo lo 0,07 (o anche meno a volte) di ricavo all'artista (per una singola riproduzione della canzone, o, a volte, per ogni 10 riproduzioni); ciò implica che gli artisti e i label guadagnano poco e, conseguentemente, investono poco in musica.
Si dà il via, quindi, ad una reazione a catena: i label, guadagnando poco, preferiscono investire i soldi su artisti ormai ben noti nel panorama musicale mondiale così che essi possano assicurare al label un minimo certo di guadagno (infatti, se i cantanti sono famosi, hanno un numero certo di fan che è disposto a spendere soldi per acquistare cd/vinili/merch, andare ai concerti ed ascoltare la musica giornalmente).
E i piccoli artisti, poco noti, che possibilità hanno? Nessuna, purtroppo. I piccoli artisti (che vivono grazie ai soli stream sulle piattaforme online, dal momento che non hanno la possibilità economica di produrre, distribuire e vendere cd/vinili/merch o di organizzare un tour) non avranno mai la possibilità di emergere o farsi notare dai label (se non grazie a un algoritmo sui social media. E, pur volendo, se ciò accadesse, la loro fama avrà, tranne in rarissimi casi, la durata di una meteora che compare e scompare nel cielo notturno).
Siamo messi male, insomma.
Da ciò che ho appena spiegato, è possibile rapidamente dedurre il perché oggi gli artisti non facciano solo musica, ma anche (e soprattutto, direi) si improvvisano ballerini, attori e perfino modelli. Il motivo di ciò è legato alla crisi economica che colpisce i piccoli-medio artisti e i label musicali: se sia i cantanti che i label guadagnano poco con gli stream online, allora sono costretti ad escogitare altre strategie per ottenere ricavi! E tali strategie sono quelle sopracitate: creare partnership con brand di moda o partecipare in produzioni pubblicitarie e cinematografiche (da qui deriva anche l'enorme pressione psicologica a cui gli artisti che hanno contratti discografici sono sottoposti: per essere icone fashion devono curare la loro immagine, comportarsi in un certo modo così da non attirare critiche e, così, il confine tra label che fanno musica e label che creano artisti tutti omologati tra loro è labile).
Siamo messi veramente male, insomma.
Potrei aggiungere molto altro, ma preferisco concludere.
Certamente, gestire un fanaccount per molti anni su instagram, abbonarsi a riviste musicali e studiarle (sì, io studio le riviste, non le leggo! Le studio!), ascoltare musica fino allo sfinimento, guardare interviste e seguire gli artisti e i vari label sui social mi ha permesso di farmi una cultura e un'idea ben precisa sul panorama musicale internazionale.
Beati però gli artisti come Taylor Swift, The Weeknd, Due Lipa, Harry Styles a pochi altri!
A loro è destinata la libertà creativa più totale. Essi sono infatti l'eccezione alla regola: sono talmente noti ed ascoltati a livello globale che, seppur registrassero degli album di ninna-nanne per bambini, otterrebbero comunque dei ricavi notevolmente alti, garantendo ai label entrate altrettanto prospere.
A loro, perciò, è destinato il regno dei ciel... la fama e la ricchezza senza limiti, volevo dire!
Flavia
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